Lo Smiling Center sembrava un sogno utopico e irrealizzabile di un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze, più o meno giovani, ma certamente talentuosi e ambiziosi con la voglia di alzarsi le maniche per dimostrare che è possibile cambiare il mondo un Sorriso alla volta.
“Immaginati una struttura in mattoni, alta due piani, e sul tetto un campo da basket, e poi… vediamo… ah si, i bagni! Ci dovranno essere bagni per ogni piano, e dei bagni adattati per i ragazzi disabili. Per forza. Poi affianco ai bagni una palestra, che serva per fare riabilitazione e fisioterapia! Si! E nella palestra degli specchi, tantissimi specchi, così la usiamo anche come aula di musica, danza, yoga… fantastico! Poi cosa manca? Ah si, l’informatica! Tanti computer, uno per ogni banco, e una presa di corrente per ogni computer, così i ragazzi potranno usarli tutti insieme, e magari un proiettore, così l’insegnante può proiettare il suo computer sulla lavagna!
Poi poi poi… l’Arte! Ci servono degli armadi pieni di colori, fogli, carta, colla, forbici, due lavagne enormi su cui disegnare, delle piccole macchine fotografiche per fare un laboratorio di fotografia e tanti strumenti diversi, chitarre, ukuleli, percussioni…”
Così nasceva un sogno, in mezzo allo Slum, in mezzo a una delle più grandi discarica dell’Africa. Un sogno che con l’impegno di tutti oggi è fatto di mattoni, esiste. Esistono i computer, le forbici, gli strumenti, gli specchi, sul tetto c’è un canestro.
Esiste.